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Come gestire i tempi di progetto (senza ritardi)

10 febbraio 2015 by Luciano Garagna 3 commenti

Alzi la mano chi non ha mai avuto a che fare con un progetto in ritardo: gestire con successo i tempi di progetto rappresenta infatti una delle sfide più ambiziose del project manager. E che non si tratti di un’impresa proprio alla portata di tutti, lo dimostrano i dati del Chaos Report, una ricerca condotta nel 1995 dallo Standish Group, che su un campione di 8380 progetti software evidenziò un ritardo medio, rispetto a quanto pianificato, del 222% (duecentoventidue, non è un errore di battitura).

La buona notizia è che esiste un metodo molto efficace per gestire i tempi di progetto, eliminando quasi completamente i ritardi. Questo approccio si basa sul riconoscimento di alcuni comportamenti tipici di tutti gli esseri umani: ne analizziamo 4 di particolarmente critici, accomunati dal fatto di poter essere curati con lo stesso tipo di rimedio.

La legge di Parkinson

Cyril Northcote Parkinson era uno storico inglese che nel 1958, in un breve saggio, enunciò nel modo seguente la legge che porta il suo nome (il grassetto è mio).

Il lavoro si espande fino a riempire tutto il tempo a disposizione per completarlo. O, come dice il proverbio, “l’uomo più occupato è quello che ha tempo da perdere”. Un’anziana nobildonna potrebbe impiegare un giorno intero per scrivere alla nipote che vive a Bognor Regis. Le ci vorranno un’ora bella e buona per cercare il foglio, un’altra ora per dare la caccia agli occhiali, mezzora per trovare l’indirizzo, un’ora e un quarto per comporre il testo e venti minuti per decidere se uscire con l’ombrello per andare a imbucare la cartolina nella cassetta delle lettere dall’altro lato della strada. Possiamo concludere, dunque, che il carico di un’attività che impegnerebbe una persona indaffarata per non più di tre minuti, in altri può provocare un’intera giornata di ansia, dubbio e sfinimento.

Per compensare gli effetti deleteri della legge di Parkinson, è necessario ridurre la durata delle attività pianificate. Questo consente di eliminare molte operazioni inutili, concentrando l’attenzione solo su quelle attività che producono valore: estremizzando, l’unica cosa veramente importante per la nipote della nobildonna è ricevere la cartolina, così da poter sentire l’affetto dell’anziana signora.

Particolare attenzione va posta anche nell’evitare la comunissima pratica di gonfiare le stime, con l’obiettivo di creare dei cuscinetti a protezione degli imprevisti. Infatti, l’unico risultato sicuro è quello di aumentare la durata delle attività, senza produrre alcun beneficio dal punto di vista della gestione dei rischi.

La sindrome dello studente

Chiunque abbia preparato un esame sa quanto sia diffusa l’abitudine di concentrare maggiormente lo studio negli ultimi giorni, talvolta nelle ultime ore che precedono la prova: passare l’ultima notte in bianco, trangugiando caffè, diventa quasi un’avventura da raccontare!

Questo fenomeno è noto come sindrome dello studente: l’urgenza di completare il lavoro aumenta man mano che si avvicina la scadenza della consegna. Si tratta di un comportamento che determina una distribuzione irregolare del lavoro dove, a un periodo iniziale in cui l’impegno è minimo, segue sempre una fase finale in cui si verifica un sovraccarico.

Paradossalmente, l’effetto ‘notte prima degli esami’ può essere sfruttato a favore della gestione dei tempi di progetto: riducendo la durata delle attività si impedisce infatti un approccio ‘rilassato’. Poiché il tempo a disposizione è limitato e la scadenza vicina, diventa urgente focalizzarsi sulle attività da completare, eliminando tutte le distrazioni che non apportano valore aggiunto al progetto .

Il paradosso dell’ignoranza

Provate a stimare il tempo necessario per scrivere in formato Word un articolo di una pagina e, subito dopo, quello per pubblicare e rendere disponibile per l’acquisto un libro di 100 pagine. Quanto confidenti siete nell’affidabilità delle rispettive stime? Quanto avete tirato ad indovinare nel primo e nel secondo caso?

Tipicamente, la stima di un lavoro molto grande produce un valore errato per difetto. Infatti, mancando di informazioni sul dettaglio, sfugge la complessità del progetto: è per questo motivo che il committente rimane sempre negativamente sorpreso dai costi e dai tempi che gli vengono proposti. In effetti, ci troviamo di fronte al paradosso dell’ignoranza: minore è la quantità di informazioni su un lavoro da eseguire, e più questo sembra facile. La conseguenza è che, in fase di pianificazione, maggiore è la quantità di lavoro da stimare e minore sarà la precisione della stima.

Il rimedio, anche in questo caso, consiste nel pianificare attività di impegno e durata ridotte. Con il vantaggio aggiuntivo di riuscire a valutare meglio i rischi che potrebbero verificarsi durante l’esecuzione delle attività, riducendo quindi il numero di imprevisti che sono tra le cause principali dei ritardi di progetto.

Il pregiudizio dell’ottimista ingenuo

Provate a porre la classica domanda “A che punto siamo?” a chi si trovi nel mezzo del guado di un’attività lunga alcuni mesi. La risposta tipica sarà: “A buon punto!” Purtroppo il valore informativo di tale affermazione è quasi nullo, perché essa è originata da un errore cognitivo: in assenza di informazioni, il lavoro procede come previsto.

Anche nella fase di esecuzione e controllo, risulta più efficace gestire i tempi di progetto se le attività pianificate sono piccole: controllare se sono state posate le piastrelle in cucina è molto più facile che verificare lo stato complessivo dei lavori del nostro nuovo appartamento.

Gestire i tempi di progetto con la WBS

Spero di essere riuscito a convincervi che pianificare attività grandi, caratterizzate cioè da molto lavoro e/o da lunga durata, è un buon modo per entrare a far parte del popoloso gruppo dei ritardatari (che tipicamente sfiorano anche il budget).

Infatti, per gestire al meglio i tempi di progetto, eliminando quasi completamente i ritardi, è assolutamente necessario scomporre il progetto in componenti più gestibili, attraverso la costruzione della WBS, pianificando attività con un impegno e una durata limitati. Le best practices raccomandano rispettivamente tra le 4 e le 40 ore di lavoro complessivo e tra 0,5 e 5 giorni di durata, valori che permettono di verificare agevolmente l’andamento del progetto su base settimanale, senza però scendere a un livello di dettaglio in cui l’attività di controllo diventerebbe troppo onerosa.

Chiaramente, la scomposizione del progetto in attività piccole, comporta un maggiore impegno durante la fase di pianificazione. Si tratta però di un investimento che, nel corso dell’esecuzione del progetto, si ripagherà con interessi a due o tre cifre.
Per approfondire: come costruire la WBS

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Letture laterali

Consigli per trovare ispirazione e spunti di riflessione, attraverso letture solo apparentemente lontane dal contenuto dell’articolo.

Eliyahu M. Goldratt e Jeff Cox: The Goal

È il primo libro di Goldratt, in cui egli utilizzò la forma del romanzo, con tanto di intrecci sentimentali, per illustrare ai manager di tutto il mondo la sua teoria dei vincoli (theory of constraints – TOC).

La storia è quella di un direttore di produzione la cui fabbrica rischia di chiudere per scarsa efficienza, e delle ripercussioni che i problemi lavorativi hanno sulla sua vita matrimoniale. La vicenda si concluderà in modo positivo grazie a un professore che lo aiuterà ad applicare la teoria dei vincoli alla gestione della produzione. Quando utilizzata per la gestione dei tempi di progetto, uno dei metodi utilizzati dalla teoria dei vincoli è quello di ridurre drasticamente la durata delle attività, in modo molto più aggressivo di quanto suggerito nel mio articolo.

Il romanzo ebbe un successo enorme anche per il modo avvincente in cui la storia è raccontata: per questo ho voluto evidenziare anche il nome del co-autore, Jeff Cox, di professione scrittore. Purtroppo, forse perché abbagliato dai numeri delle vendite, nei libri successivi Goldratt decise di poter scrivere anche da solo, con risultati decisamente meno coinvolgenti.

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Commenti

  1. raul dice

    16 marzo 2015 alle 20:22

    Il mio unico pregio, che colma completamente i miei insufficienti studi.La perfetta gestione in ampio spettro senza dimenticanza alcuna e in anticipo, dove il mio ritardo risiede nella perfetta puntualità.
    Il mio pregio nasce dalla assoluta intransigenza dei miei cari, con sani riferimenti di vita e robusti principi.

  2. Luciano Garagna dice

    17 marzo 2015 alle 12:16

    Grazie per la testimonianza, che dimostra che anche la puntualità può essere insegnata. Io ho provato a farlo con i miei allievi di un master in project management, chiudendo la porta a chiave una volta trascorso il quarto d’ora accademico. Le conseguenze scatenate dalla reazione degli esclusi non sono stata facili da gestire, tanto da farmi dubitare dell’efficacia di un metodo sicuramente insolito per le università italiane. La ricompensa è arrivata però a fine corso, quando lo studente che aveva protestato più forte di tutti ha voluto ringraziarmi pubblicamente per avergli offerto quell’opportunità di apprendimento.

  3. Alberto dice

    8 settembre 2016 alle 23:07

    Grande libro “The Goal”. Non vedo l’ora che mio figlio cresca e possa leggerlo: capirà perché l’ho chiamato Giona.

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