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Il manager consapevole

26 febbraio 2014 by Luciano Garagna Lascia un commento

Paolo era proprio soddisfatto: aveva passato la notte a dare gli ultimi ritocchi alla sua presentazione per il committente. Ora, dopo un cappuccino e tre cornetti alla crema, si sentiva in gran forma. Il progetto che gli era stato assegnato era indubbiamente complesso: le caratteristiche del prodotto erano innovative, la tecnologia da utilizzare non era ancora consolidata e i tempi erano stretti.

Paolo aveva messo a frutto tutta la propria esperienza e le proprie conoscenze metodologiche. Era riuscito a mettere insieme un gruppo di esperti e con loro aveva elaborato un piano di progetto che includeva le specifiche tecniche del prodotto da consegnare, oltre alle stime dei tempi, dei costi e delle risorse necessarie. Per la presentazione aveva chiesto a sua moglie Roberta, la risorsa creativa della famiglia, di assisterlo nella realizzazione delle slides.

L’incontro con il committente

L’incontro con Giulia, il committente, iniziò sotto i migliori auspici. La responsabile si rivelò entusiasta del prodotto (del resto quella in corso era l’ennesima riunione nell’ambito della quale i requisiti e le specifiche tecniche venivano discussi e rivisitati). Certo, relativamente ai tempi, Giulia avrebbe preferito ridurli un po’ e Paolo aveva convenuto che era un argomento su cui si sarebbe potuto lavorare.

I problemi arrivarono quando si iniziò a parlare dei costi: Paolo non era forse al corrente del difficile momento economico attraversato dall’azienda e dal mercato in generale? Occorreva dimezzare i costi preventivati, mantenendo ovviamente inalterato il prodotto finale e rispettando i tempi, la qual cosa si poteva naturalmente ottenere chiedendo ai membri del gruppo di progetto di lavorare in modo più efficiente.

Giulia concesse a Paolo una settimana di tempo per predisporre una pianificazione credibile, in grado di supportare la fiducia che l’azienda gli aveva dimostrato investendo su di lui.

Una decisione difficile

Il dilemma di Paolo può essere sintetizzato come segue.

  1. Accettare le richieste del committente, riducendo i costi preventivati e diminuendo il tempo stimato per il completamento di ogni attività. Questa scelta ha il vantaggio di eliminare le frizioni con il committente, ma presenta il rischio elevato di condannare il progetto al fallimento, con conseguente impossibilità di soddisfare le motivazioni per cui il committente aveva finanziato il progetto. In questa ipotesi la reputazione di Paolo potrebbe essere seriamente compromessa.
  2. Affrontare il committente e chiarire l’incompatibilità tra gli obiettivi del progetto e i vincoli in termini di costi, supportando le argomentazioni con dati di fatto. Prospettare, nel caso non si trovasse un accordo atto a garantire buone probabilità di raggiungimento degli obiettivi, la rinuncia a coordinare il progetto. In caso di esito positivo della trattativa, il progetto avrebbe buone probabilità di concludersi con successo e sia la reputazione sia la carriera di Paolo potrebbero trarne giovamento. D’altra parte è ragionevole attendersi un irrigidimento del committente.

Indubbiamente si tratta di una decisione difficile da assumere e, per avere un riscontro oggettivo, ho chiesto ai partecipanti di una serie di seminari sulla leadership (174 persone) come si sarebbero comportati in una situazione analoga.

Le risposte e le relative conseguenze

La prima opzione è la più semplice da mettere in pratica e, sulla base del campione interpellato, quella che gode della più grande popolarità; al tempo stesso, tuttavia, è anche quella che più rischia di compromettere gli obiettivi che giustificano l’esistenza stessa del progetto. In generale questa scelta viene giustificata con una sorta di rassegnazione: “Sarebbe bello vivere in un modo ideale, ma la realtà è che le aziende, i colleghi, i clienti, i collaboratori, sono quello che sono”.

Quanto alla seconda opzione, è quella che logicamente dovrebbe essere preferibile, in quanto fornisce le migliori garanzie per il successo del progetto. In realtà, non è scelta da quasi nessuno all’interno dello stesso campione, per paura delle possibili conseguenze negative (in particolare vengono citate la perdita della fiducia del committente e addirittura il licenziamento).

Eppure un numero limitato di partecipanti (mai più di uno o due per sessione) ha illustrato esempi di progetti di successo, nei quali è risultato determinante l’avere lottato con convinzione per ottenere i tempi, le risorse, il budget e tutte le altre condizioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi concordati.

La natura del conflitto

Anche se il conflitto tra le aspettative del committente e la sua ritrosia a investire economicamente sul progetto è probabilmente quello che più frequentemente viene sperimentato dal manager, l’attività quotidiana di gestione dei progetti crea molte altre  situazioni di tensione, quali ad esempio:

  • le risorse specialistiche non dispongono di competenze ed esperienze adeguate;
  • il tempo a disposizione non è sufficiente;
  • non esiste una reale volontà aziendale di condurre a termine il progetto;
  • le caratteristiche del prodotto richieste dal committente non sono funzionali al soddisfacimento delle sue stesse esigenze.

Non esiste manager che non si trovi quotidianamente a riflettere sulle strategie più idonee ad affrontare queste e altre situazioni problematiche.

Competente = consapevole

Se non ci sono dubbi che la scelta di Paolo dipenda dal suo livello di consapevolezza del proprio ruolo (vedi l’approfondimento sulla competenza del manager), rimane comunque aperta la questione sulle modalità attraverso le quali un manager può diventare più consapevole. Nell’articolo su come diventare manager propongo alcune opzioni, ma ne esistono sicuramente molte altre.

A tuo parere, quali sono i percorsi che possono aiutare un manager a diventare più consapevole e competente, un leader in grado di guidare al successo il progetto che gli è stato assegnato? 

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