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Come diventare manager (ed esserlo veramente)

2 marzo 2015 by Luciano Garagna Lascia un commento

Una decina d’anni fa, alla conclusione di un corso intitolato “Leadership, Management and Communication”, una delle partecipanti mi diede un feedback impagabile: “Il corso mi è piaciuto moltissimo, soprattutto perché mi ha fatto capire come diventare manager non sia la mia strada!”
All’epoca ero ancora troppo giovane (si fa per dire) e così mi limitai a ringraziare, tutto contento dell’apprezzamento.

Oggi risponderei alla ragazza in modo completamente diverso, facendole notale che in realtà non ci sono alternative.

Diventare manager non è una scelta: è un percorso obbligato. Condividi il Tweet

Cosa significa essere manager

Oggi siamo tutti manager, nel senso di persone che si trovano a gestire situazioni e progetti complessi, sia individualmente che insieme ad altre persone (basti pensare alla giornata di una mamma lavoratrice). La sfida quindi non è tanto come diventare manager, ma come essere in grado di interpretare questo ruolo in maniera efficace.

L’efficacia di un manager si misura confrontando gli impegni presi (gli obiettivi) con i risultati ottenuti. Avendo ben presente che la complessità del lavoro del manager è in buona parte legata alla necessità di giostrarsi tra l’operatività quotidiana (il bimbo da portare all’asilo e la figlia più grande da accompagnare a danza) e i progetti (il rifacimento del giardino e l’organizzazione delle vacanze).
Per approfondire: il lavoro del manager

Le competenze del manager

Nel mondo del lavoro, e non solo, il successo di un manager dipende in buona parte dalla sua capacità di soddisfare le esigenze dello sponsor, intendendo con questo termine la persona che gli assegna l’incarico di svolgere un determinato lavoro (il capo, il committente, il mecenate, e così via).

A questo proposito, il mio collega Ben Johnson ed io abbiamo condotto una ricerca basata su una serie di interviste a senior manager responsabili dell’ingaggio di project managers (Thinking Like a Sponsor: How to Build a Driving Mindset).

La cosa che più ci ha sorpreso è stato scoprire quali sono le reali aspettative degli sponsor che, in ordine d’importanza, sono risultate essere le seguenti.

  1. Driving Mindset (la determinazione di portare a termine il progetto a tutti i costi). Per chi decide di costruirsi una casa, l’ideale sarebbe ingaggiare un’architetto talmente in gamba da consegnargli una casa che soddisfi tutte le sue esigenze e aspettative, e tutto ciò senza creargli alcun problema. Un professionista che si prenda cura di tutti i dettagli tecnici, gestisca i fornitori, analizzi i rischi e in generale dimostri competenza e affidabilità. Analogamente, lo sponsor vorrebbe dialogare con un manager che si prenda la completa responsabilità dell’incarico affidatogli. In poche parole lo sponsor cerca qualcuno a cui delegare il raggiungimento dei propri obiettivi; un desiderio paradossale ma assolutamente comprensibile.
  2. Business Attitude (la capacità di allineare il progetto alle strategie aziendali). Nella visione dello sponsor, un manager, indipendentemente dai settori e dai progetti di cui è responsabile, è soprattutto un manager. Questo significa che tutte le sue attività devono essere allineate con le strategie aziendali. Il manager ideale è focalizzato, orientato ai risultati, assertivo e proattivo; un problem solver con buone capacità negoziali e dotato di pensiero analitico. In sostanza, gli sponsor cercano un imprenditore, qualcuno che sia in grado di togliere dalle loro spalle il peso delle proprie responsabilità!
  3. Management Skills (le competenze sulla leadership, sulla comunicazione, sui metodi e strumenti). Quando papa Giulio II commissionò a Michelangelo la Cappella Sistina, non era sicuramente interessato al tipo di colori che il maestro avrebbe utilizzato o alla tecnica che avrebbe impiegato per stendere gli affreschi: queste competenze erano date per scontate. Allo stesso modo, lo sponsor considera indispensabili una serie di competenze sia tecniche (pianificazione e controllo) sia relazionali (comunicazione, comprensione delle linee guida, negoziazione e capacità di di esprimersi nel linguaggio del cliente) che etiche (onestà, affidabilità, lealtà e senso civico). L’aspetto interessante è che, mentre gli uffici del personale e le università investono gran parte delle loro risorse nello sviluppo dei management skills, per lo sponsor queste competenze rappresentano solo gli strumenti di base. Infatti, se è vero che un pittore ha bisogno di pennelli, colori e tela per portare a termine il proprio lavoro, è altrettanto vero che senza una chiara visione delle esigenze e delle aspettative del suo committente, non può essere prodotto nessun dipinto di valore.

Come diventare manager competenti e consapevoli

A questo punto, dovrebbe essere chiaro come diventare manager significhi riuscire a sviluppare le competenze sopra descritte: soprattutto il driving mindset e la business attitude. Si tratta di una sfida non da poco visto che scuola, università e aziende si concentrano quasi esclusivamente sulla terza categoria (management skills), la quale è si fondamentale ma è anche la più diffusa e comune.

Quello che gli sponsor cercano sono infatti manager che appartengono a un gruppo molto più ristretto: professionisti capaci di ottenere risultati e di soddisfare esigenze e aspettative in modo puntuale e regolare. È evidente che questo tipo di manager è in grado di ottenere incarichi gratificanti e di negoziare compensi significativamente più alti della media.

Come riuscire dunque a diventare un manager competente e, allo stesso tempo, un manager consapevole?

Di seguito ti fornisco 6 suggerimenti, in ordine decrescente di difficoltà.

  1. Trovati un mentore, un professionista che tu stimi e ammiri, che sia disposto ad investire un po’ del suo tempo nello sviluppo delle tue competenze professionali. La difficoltà sta nel capire in che modo tu possa ricompensare il tuo mentore per i benefici che ottieni: un tempo i giovani dotati e volenterosi venivano messi ‘a bottega’ da un maestro che, in cambio di servigi quali la pulizia del laboratorio accettava di insegnare la sua arte al discepolo. Nei paesi orientali, tale pratica è tuttora diffusa nelle scuole di arti marziali, dove tradizionalmente il discepolo ammesso nella casa del sensei deve occuparsi di tutte le incombenze domestiche. A questo proposito, una bella storia per avvicinarsi alla filosofia delle arti marziali è quella raccontata nel film The Karate Kid (personalmente preferisco la prima versione del 1984).

    Quando lo studente è pronto, l'insegnante appare / Robin Sharma Condividi il Tweet

  2. Diventa sponsor di te stesso, gestendo in prima persona un progetto che consideri importante in ambito professionale o personale. L’esperienza sarà tanto più formativa quanto più ti sarai messo in gioco: rischiare i propri risparmi e la propria reputazione è un ottimo modo per sviluppare un driving mindset. Scegliere questa opzione comporta mettere in preventivo una buona dose di frustrazione, è infatti poco probabile che tutto fili liscio al primo tentativo. E d’altra parte, il non darti mai per vinto è proprio la caratteristica che stai cercando di sviluppare!
    Per approfondire: come raggiungere l’eccellenza
  3. Sperimenta approcci diversi per relazionarti con i tuoi sponsor, variandone le modalità (per esempio il tempo di ascolto, il numero e il tipo di domande o la frequenza degli incontri). Anche se manager è un vocabolo inglese, etimologicamente deriva dall’italiano maneggiare: “lavorare, trattare con le mani, soprattutto materie cedevoli e plastiche: maneggiare la pasta, la creta, la cera.” E cosa c’è di più plastico delle relazioni umane? Analizza l’efficacia dei vari approcci e seleziona quelli che producono i risultati migliori.
  4. Identifica le situazioni in cui agisci come sponsor, non solo quando acquisti una casa ma anche quando chiami l’idraulico o vai dal parrucchiere, e analizza il comportamento del ‘manager’ che hai ingaggiato. Quali sono i comportamenti che hanno soddisfatto le tue aspettative ed esigenze? E, nel caso tu non fossi completamente soddisfatto, che cosa avrebbe potuto fare per rendere il suo intervento più efficace? Prendi nota di quello che scopri e rifletti su come applicarlo alla tua realtà lavorativa (e non solo).
  5. Segui la Via del Leader e inizia a esplorare sentieri poco conosciuti. La Via del Leader è anche la newsletter di management dojo dedicata all’esplorazione dei territori di confine.
    Iscriviti alla newsletter e inizia subito a percorrere la Via del Leader!
  6. Cura la dizione (questo suggerimento in realtà presenta una difficoltà variabile in funzione dell’età) e assicurati di pronunciare  correttamente il termine management!

Soprattutto, diventare manager significa praticare l’arte del management: sta a te interpretare le tue attività, sia in ambito aziendale che personale, attraverso la prospettiva del manager.

Noi siamo quello che pensiamo / Buddha Condividi il Tweet

Per osare di più: come diventare un leader

Per essere più focalizzato: come diventare project manager

Letture laterali

Consigli per trovare ispirazione e spunti di riflessione, attraverso letture solo apparentemente lontane dal contenuto dell’articolo.

Robin S. Sharma: Il monaco che vendette la sua Ferrari

Attraverso una favola per adulti, Sharma ci racconta come diventare manager di noi stessi.

La vita di un affermato e disilluso avvocato viene scombussolata dall’arrivo di un mentore molto particolare. Si tratta del suo ex-collega Julian Mantle che, sopravvissuto ad un infarto nel bel mezzo di un processo, ritorna dopo tre anni passati sull’Himalaya a cercare il senso della propria vita.

Julian propone al suo giovane collega di adottare 7 abitudini per vivere una vita più ricca di significato:

  1. Controlla la tua Mente (master your mind nell’originale)
  2. Persegui i tuoi obiettivi (segui il tuo scopo nell’originale)
  3. Pratica il kaizen (miglioramento continuo in giapponese)
    Per approfondire: lean thinking (pensare snello)
  4. Sviluppa l’autodisciplina
  5. Rispetta il tuo tempo
  6. Aiuta disinteressatamente gli altri
  7. Vivi il presente (abbraccia il presente nell’originale)

Anche se è evidente il parallelo con il molto più strutturato bestseller di Steven Covey, lo stile adottato rende questo romanzo/saggio una lettura piacevole e stimolante. Per chi legge l’inglese consiglio la versione originale.

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