Poiché non vedevo Roberto da parecchio tempo, notai subito quanto fosse dimagrito. Ma la vera sorpresa fu scoprire che il suo dimagrimento era la conseguenza dell’avere completamente abbracciato l’approccio lean thinking: il pensare snello si era tradotto in azione!
Il consulente snello
Roberto è un lean consultant, di nome e di fatto, che oltre all’alimentazione ha cambiato tutto il suo stile di vita e che testimonia fisicamente 2 aspetti fondamentali del lean thinking:
- Adottare un approccio lean comporta un cambiamento sistemico e non solo un intervento settoriale.
- Trasformare un sistema tradizionale in uno snello, richiede un impegno continuativo e protratto nel tempo.
Questo articolo parla della filosofia che sta alla base del lean thinking e di come applicarla all’operare quotidiano del manager.
Brevissima storia del lean thinking
Storicamente il lean thinking nasce negli anni cinquanta in Toyota, per rispondere alla sfida di produrre automobili per un mercato con richiesta limitata e orientato verso molti modelli diversi. Una situazione ben diversa da quella del mercato americano che era in grado di assorbire grandi quantità di pochi modelli di auto. Alla base del sistema di produzione Toyota ci sono 2 principi:
- Qui e Ora: i componenti da assemblare sono disponibili nella quantità necessaria dove e quando servono (gli americani chiamano questo principio just in time). L’obiettivo è la riduzione degli sprechi, eliminando non solo i pezzi difettosi ma anche il lavoro difettoso. Si tratta di un concetto strettamente legato a quello di lavoro che crea valore.
- Autoattivazione: con questo termine si fa riferimento a macchine che si fermano automaticamente ogni qualvolta si presenta un componente difettoso e, per estensione, alla possibilità per gli operatori di fermare la linea di produzione tutte le volte che identificano un difetto. L’idea di base è che tutti i difetti vanno eliminati nel momento stesso in cui vengono individuati, in modo da attivare un processo di miglioramento continuo (kaizen) della qualità dei prodotti.
Per fare in modo che possano determinare un cambiamento sistemico e duraturo, questi due principi devono diventare parte integrante della pratica quotidiana. Nelle parole di Taiichi Ohno, il ‘padre’ del Toyota Production System: “Se cercate su un vocabolario inglese la parola engineer la troverete definita come ‘tecnico’, mentre in giapponese il suo senso, il suo ideogramma, richiama il significato di ‘arte’. Analizzando questo ideogramma scoprirete che è stato creato aggiungendo l’ideogramma ‘richiedere’ a quello di ‘azione’: ciò esprime bene l’idea secondo la quale l’arte esige l’azione.”
Ne approfitto per ricordare che, per i giapponesi, l’arte si pratica nel dojo e che, non a caso, questo blog si chiama management dojo 🙂
Ma come si traducono questi concetti nell’operare quotidiano del manager?
Focalizzando la propria azione sulla creazione del valore e sul kaizen.
La creazione del valore
Chi propone un approccio snello tende a sottolineare i risparmi che si possono ottenere eliminando gli sprechi, vale a dire tutte quelle attività che non costituiscono lavoro utile. Io preferisco invece dirigere l’attenzione verso l’aspetto complementare: i benefici che sono prodotti delle attività che creano valore. Valore per chi? Una risposta convincente è quella fornita dalla teoria degli stakeholder: per i clienti, per i fornitori, per i collaboratori, per la comunità, per i finanziatori… in breve, un business ha successo solo se produce valore per tutti i portatori di interesse.
Nel lean thinking, il metodo utilizzato per identificare il lavoro utile è quello di scomporre un processo nelle sue componenti elementari, costruendo una mappa delle attività che creano valore (value stream mapping).
Per un manager questo si può tradurre nel tenere traccia per alcuni giorni delle attività svolte e del relativo tempo impiegato: le azioni che apportano valore sono quelle su cui focalizzarsi e che possono essere eventualmente integrate con altre simili. Nel corso di questa analisi, risulterà evidente che anche in questo caso si applica il principio di Pareto (80/20), vale a dire il fenomeno per cui un numero minimo di attività (circa il 20%) produce quasi sempre la maggior parte dei risultati (circa l’80%).
Per approfondire: creare valore per il cliente
Kaizen (il buon cambiamento)
Kaizen significa letteralmente ‘buon cambiamento’. Infatti, i due ideogrammi che compongono la parola kaizen significano ‘fustigare se stessi e offrire un sacrificio’: in pratica, occorre agire su stessi (cambiare) per ottenere un risultato che è buono per la collettività (un’affascinante spiegazione etimologica è presentata in questo video di 4 minuti, in inglese).
In realtà, l’approccio kaizen è stato sviluppato negli USA durante la seconda guerra mondiale ed era chiamato ‘miglioramento continuo’. Introdotto successivamente in Giappone per aiutare la ricostruzione post-bellica, questo approccio è stato affinato e integrato nella cultura di quel paese, al punto che il termine che lo definisce ha acquisito un significato più spirituale.
Lo spirito kaizen si manifesta nei piccoli cambiamenti quotidiani, che sommandosi in maniera cumulativa producono una vera e propria trasformazione. È l’approccio di zio Paperone che, un centesimo al giorno, accumula la sua immensa ricchezza. Ed è proprio per questo motivo che ogni dipendente Toyota propone più di 100 idee di miglioramento all’anno, l’80% delle quali viene realizzata visto che, in quanto piccole, presentano spesso un costo minimo.
Il concetto di kaizen si contrappone a quello di innovazione, intesa come cambiamento radicale: la storia dimostra infatti che laddove molte rivoluzioni sono destinate al fallimento, sono spesso i piccoli cambiamenti che conducono alle grandi trasformazioni. Si tratta di un’osservazione che, pur essendo davanti agli occhi di tutti, è difficile da cogliere. È infatti tipico degli esseri umani immaginare il cambiamento in modo drastico: ne sono esempio i proponimenti di inizio anno, le riorganizzazioni aziendali o l’introduzione di nuovi metodi e strumenti di lavoro.
Purtroppo in quest’ultima categoria rientrano spesso anche i ‘progetti di miglioramento’, i quali, pur se efficaci nel ridurre gli sprechi e aumentare la qualità, vengono spesso approcciati come interventi temporanei, perdendo di vista il vero obiettivo di diffondere la cultura del cambiamento attraverso i piccoli passi.
Una volta individuate alcune attività che creano valore (diciamo il 20%), un manager kaizen può iniziare il percorso di buon cambiamento scegliendone una a cui dedicare non più di 5 minuti al giorno. I passi successivi seguiranno in modo naturale.
Pensare snello
Privilegiando la qualità sulla quantità, Roberto è diventato più snello, ha riscoperto i sapori dei cibi e ha innalzato il livello energetico del suo organismo. È riuscito a raggiungere questo obiettivo identificando gli alimenti che gli apportano valore e introducendo con costanza piccoli cambiamenti nella sua dieta quotidiana.
Ma soprattutto ha dimostrato che pensare snello è un’attività molto pratica.
Letture laterali
Consigli per trovare ispirazione e spunti di riflessione, attraverso letture solo apparentemente lontane dal contenuto dell’articolo.
Robert Maurer: Un piccolo passo può cambiarti la vita: Il metodo Kaizen applicato alla realtà di tutti i giorni
Visto che l’argomento è molto vicino al contenuto del mio articolo, sono stato in dubbio se inserire questo manuale di auto-aiuto tra le letture laterali. L’ho fatto per 2 motivi:
- È un libro che mi ha affascinato e volevo dargli il giusto risalto.
- Lo spirito kaizen non è applicato al business ma al miglioramento personale: per ottenere salute, benessere e buone relazioni.
L’autore suggerisce una serie di piccole strategie quotidiane quali:
- formulare piccole domande per allontanare la paura e ispirare la creatività;
- pensare piccoli pensieri per sviluppare nuove abitudini e competenze;
- intraprendere piccole azioni che garantiscono il successo;
- risolvere piccoli problemi anche in momenti di crisi;
- elargire piccoli premi per ottenere grandi risultati;
- riconoscere piccoli momenti cruciali che di solito vengono ignorati.
Il tutto accompagnato da numerosi esempi tratti dall’esperienza professionale dell’autore (è uno psicologo clinico).
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