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Creare valore per il cliente

14 aprile 2016 by Luciano Garagna 2 commenti

Che parola potente! È così che Dalia ha sintetizzato una lunga discussione sul significato del termine valore.

Personalmente, condivido la definizione di valore che ho trovato nel dizionario Treccani: importanza che una cosa, materiale o astratta, ha, sia oggettivamente in sé stessa, sia soggettivamente nel giudizio dei singoli. 

In questa prospettiva, creare valore per il cliente (chi acquista i prodotti o i servizi realizzati da un business) significa aiutarlo a raggiungere gli obiettivi che, dal suo punto di vista, sono importanti (e quindi meritevoli di un investimento in termini di tempo, budget e risorse).

La creazione del valore

Creare valore per gli stakeholder dovrebbe costituire la ragione d’essere di qualunque business.

Creare valore è la più importante tra le responsabilità di un manager Condividi il Tweet

Purtroppo, forse perché abbiamo attraversato un periodo di crisi, molti manager si sono invece focalizzati solo sul ridurre i costi, eliminando tutte le attività che non creano valore per il cliente.

Quello che sfugge è che, se è corretto eliminare gli sprechi, esiste anche un’altro modo per far prosperare un business, che consiste nell’individuare nuove attività, opzioni e funzioni che permettono di creare valore per il cliente.

Osservando con attenzione l’immagine che accompagna questo articolo, si può notare, vicino al tronco in basso a sinistra, un piccolo trattore: lo guida un mio vicino, che ho visto lavorare intorno ai due enormi ciliegi per alcuni giorni di fila, creando valore sia con il futuro raccolto che con l’immediata bellezza.

Per approfondire: lean thinking (pensare snello)

5 tecniche per creare valore per il cliente

Con il passare degli anni, la mia esperienza si è sempre più focalizzata sull’aiutare i miei clienti a creare valore soprattutto per la parte che questo riveste soggettivamente nel loro giudizio.
In fin dei conti, nessuno conosce il proprio business meglio del cliente stesso.

Per raggiungere questo obiettivo è fondamentale investire tempo per capire le esigenze (quello che effettivamente serve) e le aspettative (quello che è oggetto di desiderio) del cliente.

  1. Non dare niente per scontato: una delle mie tecniche preferite è fare le domande stupide, quelle che nessuno si azzarda a fare per paura di apparire incompetente. Ho scoperto la potenzialità di questa tecnica in occasione dell’acquisto di una credenza da un restauratore di fiducia: anche se mia moglie e io avevamo già visto nel suo negozio l’oggetto che sembrava fare al caso nostro, man mano che descrivevamo la credenza il nostro interlocutore scuoteva la testa, facendoci presente la difficoltà di trovare un mobile con le caratteristiche che cercavamo. Ormai sicuri che la credenza in negozio fosse già venduta, ci siamo decisi a chiedergli come mai non ce l’avesse ancora proposta. La risposta del restauratore fu spiazzante: “Ma quella non è una credenza… è una cristalliera!”
  2. Riformulare, con le proprie parole, quanto espresso dal cliente: l’obiettivo è verificare di avere veramente capito la stessa cosa. L’esercizio ha valore duplice, perché mi permette di descrivere quanto penso di avere compreso e allo stesso tempo offre al cliente un’opportunità per chiarire, precisare, aggiungere e commentare.
  3. Lasciare sedimentare i concetti e le informazioni acquisite. Per questo motivo mi prendo sempre qualche giorno prima di formulare una proposta progettuale: solitamente rimango io stesso stupito dalla differenza tra la versione che presento al cliente e quella che avevo inizialmente abbozzato nei miei appunti.
  4. Formulare una proposta concreta da presentare al cliente, ben sapendo che se incontra le aspettative dovrà essere oggetto di parecchi aggiustamenti. È un po’ come il primo abbozzo di un quadro, tracciato a carboncino: permette già di intravedere il risultato finale, pur in assenza di tutti i dettagli che caratterizzeranno l’opera finita.
  5. Ripetere i punti da 1 a 4 fino a che si raggiunge una visione condivisa. In realtà il processo è più semplice di quello che potrebbe sembrare e di solito si conclude dopo 2 o 3 iterazioni.

E se l’approccio non fosse ancora del tutto chiaro, può essere utile ragionare in modo paradossale, attraverso un resoconto, purtroppo vero, di come NON creare valore per il cliente.  

Letture laterali

Consigli per trovare ispirazione e spunti di riflessione, attraverso letture solo apparentemente lontane dal contenuto dell’articolo.

Haruki Murakami: Kafka sulla spiaggia

Come tutti i romanzi di Murakami, anche questa storia mi ha coinvolto e fatto sognare. Se ne parlo in questo articolo è però per un episodio che coinvolge Oshima, uno dei protagonisti, che mai si era interessato di musica, e che casualmente rimane affascinato da una composizione di Beethoven, che fa da sottofondo alla sua cena in un modesto ristorante.

La musica diventa improvvisamente una componente importante della sua vita, che crea valore in un modo che Oshima non aveva mai prima realizzato.

Il brano in questione è il Trio dell’Arciduca, nell’interpretazione del Suk Trio, ora diventato anche uno dei miei ascolti preferiti.

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Commenti

  1. Sebastiano Bonetti dice

    30 agosto 2016 alle 16:31

    Propongo un pensiero parallelo. In questi giorni, un Consulente Kaizen, consigliava la lettura di “La caffettiera del Masochista” di Donald Norman.

    Incuriosito ho letto una recensione di questo libro su http://www.lineheight.net. Norma parla della progettazione debole, del cattivo design di oggetti di uso quotidiano che provocano frustrazione e autorimprovero in chi li usa perché sono progettati senza tener conto dei clienti.

    “Quando qualcosa non funziona come dovrebbe la colpa non è degli utenti. Il colpevole è chi progetta le mostruosità tecnologiche di tutti i giorni senza ter conto dell’utente finale.”

    Domandarsi cosa rappresenti veramente valore per i nostri clienti passa soprattutto attraverso l’osservazione di come i clienti usano i nostri prodotti e servizi e dall’ascolto di quanto ci raccontano.

  2. Luciano Garagna dice

    31 agosto 2016 alle 16:37

    In effetti potremmo aggiungere un punto 6: se, nonostante il processo di condivisione, il cliente utilizza il prodotto in modo diverso da quanto immaginavamo ritorna alla casella di partenza.
    Nel nostro lavoro, e nella vita più in generale, non si finisce mai di imparare!

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